Case Report

Il post di oggi è un esempio straordinario di come, a volte, la semplicità – da non confondere con la facilità – delle scelte terapeutiche riesca a condurre verso il migliore risultato possibile. Affinché ciò avvenga, sono imprescindibili una corretta diagnosi, che passa attraverso la raccolta dei records diagnostici, ed una approfondita conoscenza della letteratura scientifica.
Di tutto ciò ringraziamo il nostro socio, nonché past president AD, il dott. Maurizio Azzolina, che ci mostrerà come è riuscito a gestire un affollamento grave in un giovane paziente.
Buona lettura!

 

Matteo è arrivato in studio all’età di 9 anni mezzo e, dall’analisi dei records iniziali, è risultato immediatamente visibile un quadro di affollamento grave. Dal punto di vista scheletrico, presentava un pattern di crescita di classe III, con armoniche proporzioni trasversali, ipodivergenza e profilo ortognatico.

 

 

All’esame intraorale, era visibile la contemporanea presenza di elementi della serie decidua e permanente, in una situazione occlusale di classe I molare, con crossbite monolaterale posteriore destro e deep bite.
L’ortopantomografia rivelava ciò che non era immediatamente visibile in bocca, ovvero un affollamento grave, soprattutto a carico dei canini superiori e inferiori.

L’analisi della posizione dei canini superiori non mi poneva grosse preoccupazioni, potendo attingere dai lavori di Ericson e Kurol, Baccetti et al e Stivaros e Mandall. Utilizzando i parametri descritti da Ericson e Kurol nel loro famoso lavoro del 1986, ho calcolato innanzitutto l’angolo 𝛂, che è risultato essere di 33° per l’elemento 1.3 e 35° per il 2.3. Tali valori, secondo quanto descritto da Stivaros e Mandall, potrebbero comportare un elevato rischio di danni a carico della radice dell’incisivo laterale. La distanza d tra la cuspide del canino e il piano occlusale era elevata. Infine, sul piano mediale settore 2 di appartenenza che, secondo il lavoro di Baccetti del 2011, è in linea con una posizione favorevole alla risoluzione dell’inclusione.

Più preoccupante era, al contrario, la gestione dei canini inferiori. La letteratura a riguardo è scarsa. Tuttavia, un lavoro pubblicato su Seminars in Orthodontics nel 2014 mi ha aiutato a chiarirmi le idee:

 

Space supervision and guidance of eruption in management of lower transitional crowding: a non-extraction approach

R. A. Bell and A. Sonis

Semin Orthod 2014; 20:16-35

 

Gli Autori affrontano il concetto di guida all’eruzione, già definito da Hotz nel 1970 come “approccio terapeutico che influenza il pattern di eruzione e posizionamento dei denti permanenti durante la fase di transizione dalla dentatura decidua a quella permanente, attraverso la dentizione mista”. Specificamente per l’arcata inferiore, il metodo delineato da Bell e Sonis concentra l’attenzione sull’adeguata gestione del leeway space, così come spiegato nei famosi lavori di Gianelly del 1995 e confermato da altri Autori successivamente.

Seguendo l’approccio della guida all’eruzione, ho iniziato la fase intercettiva del trattamento di Matteo con l’estrazione di C e D in arcata inferiore. Lo scopo delle estrazioni dei denti decidui è quello di favorire l’eruzione dei corrispettivi permanenti, nonché di migliorare l’allineamento degli incisivi. Possibile effetto collaterale di questa fase del trattamento potrebbe essere la lingualizzazione degli incisivi inferiori. Per evitare ciò, ma anche per scongiurare che un eventuale movimento linguale degli incisivi potesse interferire ulteriormente con la posizione di 3.3 e 4.3, ho posizionato un arco linguale.

 

In arcata superiore, invece, l’approccio di trattamento è stato quello canonico. I ridotti diametri trasversi palatali sono stati gestiti, innanzitutto, con un Espansore Palatale Rapido che, dopo la fase attiva iniziale, è stato mantenuto in bocca per circa 9 mesi. A questo, ha fatto seguito l’estrazione di C e D superiori dato il mancato miglioramento radiografico (vedi OPT del 2020) e il posizionamento di una barra transpalatale per la correzione della mesiorotazione molare.

Le varie fasi di trattamento sono state monitorate attraverso ortopantomografie periodiche  eseguite ogni 12 mesi circa e che hanno evidenziato i cambiamenti delle posizioni dei denti a rischio inclusione.

 

 

Ad oggi, considerata l’avvenuta eruzione dei quattro canini permanenti e la risoluzione del crossbite posteriore, si può dire conclusa con successo la fase intercettiva.

Rimangono ancora da gestire il grave deep bite di Matteo e la Classe III scheletrica, presente nonostante un volto tutto sommato armonico, in cui comunque sono presenti i segni di una ridotta crescita del mascellare superiore (naso di piccole dimensioni, ridotta proiezione zigomatica, mandibola ben rappresentata). La presenza dei canini superiori a rischio inclusione mi ha costretto, purtroppo, a non utilizzare in prima battuta una trazione extraorale postero-anteriore attraverso maschera di Delaire o Petit. Ad oggi, con gli elementi permanenti erotti, l’osservazione della crescita sarà determinante nella definizione delle peculiarità della seconda fase di trattamento.