Letteratura

La lettura di questo lunedì è stata suggerita ed elaborata dalla Dr.ssa Azzurra Di Ventura.
Azzurra è sicuramente tra i soci più attenti e attivi del nostro Study Club, sia dal punto di vista clinico sia scientifico.
Si è laureata in Odontoiatria e Protesi Dentaria nel 2012, per poi conseguire la Specializzazione in Ortognatodonzia nel 2016. Attualmente è specializzanda in Odontoiatria Pediatrica. E’ socio ordinario SIDO e socio provvisorio AIDOR.

Non ci resta che ringraziare Azzurra per il supporto dato al nostro blog e augurare a tutti buona lettura!

 

Per meglio comprendere gli aspetti clinici maggiormente rilevanti del riassorbimento radicolare apicale esterno (EARR) associato al movimento ortodontico ho scelto un articolo di recentissima pubblicazione (Settembre 2020), che si è guadagnato la copertina di una delle riviste scientifiche di maggior peso nella nostra disciplina, l’American Journal of Orthodontics.

 

External apical root resorption and vectors of orthodontic tooth movement
Eric R. Linkous, Terry M. Trojan, and Edward F. Harrisb
Am J Orthod Dentofacial Orthop 2020 Nov, vol 158, 700-709

 

IL QUESITO

Con questo lavoro gli Autori si propongono di analizzare la possibile correlazione tra tipo di movimento ortodontico eseguito e la quantità di EARR riscontrata al termine della terapia.

 

IL LAVORO

Gli Autori prendono in esame un gruppo di 93 pazienti adolescenti eterogeneo per età e sesso (45 maschi e 48 femmine), sottoposti a terapia ortodontica fissa con brackets vestibolari (tecnica MBT). Di questi circa la metà (43 pazienti) vengono trattati con estrazione dei quattro primi premolari. Tutti vengono sottoposti a scansioni radiografiche mediante CBCT all’inizio e alla fine del trattamento per valutare nei tre piani dello spazio il quantitativo reale di EARR riscontrato in seguito alla terapia. Vengono presi in esame esclusivamente i quattro incisivi superiori poiché sono gli elementi che con maggior frequenza presentano EARR, probabilmente a causa della loro unica radice cilindrica, e soprattutto perché generalmente questi elementi sono quelli che vanno incontro a maggior movimento (sia in termini quantitativi che di tipo di movimento eseguito) durante la terapia ortodontica. Con i dati ottenuti viene realizzata un’analisi statistica molto articolata, una regressione lineare multipla, con l’obiettivo di poter quantificare l’entità dell’EARR prevista dai cambiamenti di posizione di ciascun incisivo mascellare durante la terapia ortodontica.

 

RISULTATI

I dati ottenuti sono rappresentati nelle tabelle presenti nell’articolo che mostrano come il movimento ortodontico si sia associato in quasi tutti i casi analizzati all’EARR riscontrato nelle CBCT. Tutti i quattro incisivi superiori hanno associazioni significative tra i vettori di forza del movimento ortodontico ed i millimetri di EARR. La regressione lineare mostra un range di associazione tra il 77% e l’86% ed il fattore predittivo principale dell’EARR riscontrato su ogni incisivo è stato il movimento intrusivo misurato all’apice del dente e a livello della giunzione amelocementizia. Il movimento di torque si è anch’esso associato significativamente ad EARR in 3 incisivi su 4 (non sul laterale sinistro). Il gruppo di pazienti estratti ha mostrato maggiori perdite significative di lunghezza radicolare, questo perché con grande probabilità la “quantità” di movimento in queste terapie è maggiore che nei casi non estrattivi, mentre il sesso non ha influenzato in alcun modo il campione. Tra i quattro elementi analizzati gli incisivi laterali hanno subito maggior EARR rispetto ai centrali a parità di movimento eseguito e terapia svolta (estrattiva/non estrattiva).

 

DISCUSSIONE

L’articolo esaminato ha rilevato ciò che già la Letteratura a più riprese aveva mostrato, e cioè che i pazienti che vanno incontro ad EARR sono spesso casi estrattivi o terapie in cui si eseguono movimenti intrusivi o di grande entità in quanto a distanza nel movimento eseguito. Inoltre non vi è differenza per quanto riguarda il sesso del paziente né tantomeno la durata della terapia, anche se da un punto di vista clinico si potrebbe ipotizzare che a maggiori tempistiche di trattamento maggiore potrebbe essere il rischio di sviluppare EARR, perché chiaramente il paziente è ancora sottoposto a forze ortodontiche. Pur non essendo oggetto del lavoro qui esaminato gli Autori concordano con i dati presenti in Letteratura riguardo la non certa identificazione di fattori di rischio predisponenti l’EARR, eccezion fatta per antecedenti di traumi e particolari forme di radici ed apici bombati. Per questi motivi è d’obbligo considerare qualunque paziente come potenzialmente a rischio, in special modo se siamo di fronte a casi estrattivi in pazienti con antecedenti di traumi di qualunque entità e/o con radici ed apici appuntiti o bombati ad inizio terapia. Naturalmente non esistono sistematiche per rilevare il riassorbimento in corso di terapia, poiché anche in presenza di riassorbimenti severi i pazienti non presentano nella maggioranza dei casi nessun sintomo, tranne la mobilità e/o la perdita di vitalità nei casi più gravi. Per questi motivi l’esecuzione di radiografie per monitorare tale eventualità è l’unico mezzo per rilevare la presenza di EARR durante un trattamento ortodontico. Qualora la radiografia eseguita sia un’endorale, questa è sugli incisivi laterali superiori, che sono generalmente i denti maggiormente interessati da EARR. La perdita di tessuto riscontrata è permanente e non recuperabile nel tempo, ma sono presenti articoli in Letteratura che mostrano come anche di fronte a casi di EARR severo (superiore a 4 mm di riassorbimento) gli elementi interessati riescano a mantenersi in arcata per molti anni, e si suppone che ciò sia dovuto alla maggiore tenuta delle fibre circonferenziali di connettivo del legamento parodontale, responsabili quasi totalmente della stabilità degli elementi dentari (per cui non è tanto importante quanto sia “lunga” una radice, quanto più quanto essa sia “ampia”). Gli Autori concordano infine con quanto già riportato in Letteratura, e cioè che l’EARR si ferma nel momento in cui cessano le forze ortodontiche, ovvero con il termine del trattamento. In caso di EARR rilevato in corso d’opera, alcuni Autori consigliano di fermare il movimento e dunque la terapia per un periodo variabile di 1-3 mesi, giacché alcuni studi hanno mostrato riassorbimenti meno severi nei pazienti in cui tale procedura veniva eseguita. E’ sempre consigliabile eseguire uno splintaggio degli elementi interessati da EARR moderato-severo a fine terapia, con il fine di meglio distribuire il carico masticatorio e minimizzare le forze incidenti su ogni singolo elemento.

 

CONCLUSIONI

Gli Autori dell’articolo preso in esame concludono che:

  1. La regressione lineare multipla ha evidenziato la maggioranza della variabilità nell’EARR, circa l’80%, per ogni incisivo mascellare.
  2. Il movimento intrusivo è stato il più forte fattore predittivo dell’EARR, sebbene tutte le direzioni di movimento degli incisivi aumentassero sia il rischio che l’estensione del riassorbimento periapicale.
  3. I casi estrattivi hanno aumentato significativamente la quantità di movimento eseguito e per questo di EARR rispetto al campione di casi non estrattivi.
  4. Il sesso dei pazienti e la durata delle terapie non hanno influenzato significativamente l’EARR.