Letteratura

Per l’articolo di oggi, ringraziamo il dott. Denis Bignotti, che ci ha fornito questa interessantissima lettura, dal taglio squisitamente pratico.

Spesso, infatti, il desiderio di bondare i nostri espansori sui molaretti decidui cozza con la realtà dei fatti: non hanno abbastanza radice! E il rischio che si verifichi un distacco dell’apparecchiatura è molto alto.

Il metodo suggerito dagli Autori in questo articolo è utilissimo per decidere quando è possibile sfruttare i secondi molari decidui come ancoraggio per i nostri espansori. E possiamo metterlo in pratica da…adesso!

Buona lettura a tutti!

 

Factors related to maxillary expander loss due to anchoring deciduous molars exfoliation during treatment in the mixed dentition phase

V. Quinzi, F.F. Canova, F.A. Rizzo, G. Marzo, M. Rosa and J. Primozic

European Journal of Orthodontics 2020, 1-6

 

QUESITO

Identificare fattori associati alla perdita precoce di un espansore palatale a causa dell’esfoliazione dei denti decidui su cui è ancorato.
Inoltre, valutare l’accuratezza diagnostica della posizione radiografica della cuspide del secondo premolare come fattore prognostico dell’esfoliazione del molaretto deciduo corrispondente.

 

PREMESSA

È conoscenza comune che gli effetti scheletrici dell’espansione palatale sono significativamente maggiori in fase pre-puberale, grazie alla minore interdigitazione della sutura palatina mediana. Pertanto, un trattamento condotto in fase di dentizione decidua o, meglio ancora, mista è sempre da preferire.
D’altro canto, diversi lavori hanno dimostrato che le forze applicate sui denti durante l’espansione palatale hanno diversi effetti avversi: danni parodontali (Garib et al. 2006; Lo Giudice et al. 2018) e riassorbimenti radicolari (Garib et al. 2006; Akyalcin et al. 2015; Erverdi et al. 1994; Odenrick et al. 1991; Samandara et al. 2019). Di conseguenza, i denti decidui sono da preferire come ancoraggio (Cozzani et al. 2007; Mutinelli et al. 2008; Ugolini et al. 2015). Anche perché l’efficacia e la stabilità dell’espansione è pressoché uguale sia che si usino i molari permanenti sia i decidui.
Tuttavia, in quest’ultimo caso si rende necessaria una valutazione della lunghezza radicolare del molaretto deciduo. Infatti, l’applicazione di forze ortopediche determina un aumento dei livelli di mediatori dell’infiammazione che accelera il processo di riassorbimento radicolare e l’esfoliazione.
Alla luce di ciò, gli Autori suggeriscono un metodo ripetibile per guidare questa scelta.

 

IL LAVORO

Si tratta di uno studio retrospettivo che ha selezionato pazienti con arcata mascellare contratta, con o senza crossbite, sottoposti a protocollo di espansione dal 2007 al 2017. Criteri di inclusione sono stati: dentizione mista con completa eruzione dei primi molari permanenti, disponibilità di radiografie panoramiche pretrattamento, assenza di carie o patologie pulpari sui decidui di ancoraggio.
Il campione finale consisteva in 92 soggetti (54 femmine e 38 maschi) di età media 8.4 ± 1.1 anni.
Gli espansori utilizzati sono stati Hyrax o Haas, ancorati su denti decidui.
Il protocollo di espansione utilizzato è stato semi-rapido (0.2mm/giorno), con un’espansione finale media di 8.0 ± 1.6 mm.
La fase di espansione attiva è stata seguita da un periodo di contenzione di almeno 6 mesi (definito individualmente), in cui l’espansore è stato lasciato in bocca come retainer.
Sull’Ortopantomografia iniziale è stata valutata la posizione della cuspide del secondo premolare mascellare rispetto alla linea passante per la metà della camera pulpare del primo molare permanente (HPC line: Half Pulp Chamber line). Questa linea è stata definita come esattamente equidistante tra una linea passante per il tetto e una linea passante per il pavimento della camera pulpare (vedi immagine).
La posizione della punta della cuspide del premolare è stata valutata come apicale rispetto alla linea HPC oppure come a contatto/passante tale linea.

 

RISULTATI

La durata media di trattamento è stata di 11.2 ± 2.5 mesi. Il trattamento è stato considerato non di successo in 6 pazienti, in quanto trattati per meno di 6 mesi.

Degli 86 soggetti considerati, in 16 di essi si è verificata l’esfoliazione dei decidui di ancoraggio (uno solo nell’11.6%, entrambi nel 7.0%).

La frequenza di esfoliazione non è risultata significativa né tra i due sessi, né tra i due tipi di espansore utilizzati.

Un’evidente aumento dell’incidenza di esfoliazione è stato riscontrato durante il periodo di contenzione. Di tutti i denti considerati, il 2.8% è esfoliato a 7 mesi di follow-up, il 6.1% a 10 mesi, il 13.9% a 13 mesi, il 15% a 16 mesi.

L’unico parametro che è risultato associato in maniera significativa all’esfoliazione del deciduo è stata la posizione iniziale della cuspide del premolare rispetto alla linea HPC. Quando la cuspide di almeno uno dei due premolari toccava o oltrepassava la HPC line, la probabilità di perdita dell’espansore per esfoliazione del dente di ancoraggio aumentava di 6.1 volte rispetto ai casi in cui la cuspide era più apicale rispetto a tale linea.

In particolare, dei 27 decidui andati incontro ad esfoliazione, 19 (70%) avevano il premolare corrispondente che toccava o oltrepassava la HPC line.

Per questi denti, il tempo medio di sopravvivenza è risultato essere di 12.8 mesi.

 

CONCLUSIONI

  • Il presente studio non ha evidenziato correlazioni tra l’esfoliazione dei decidui usati come ancoraggio per un espansore palatale e fattori quali sesso, età di inizio del trattamento, presenza/assenza di crossbite, durata del trattamento, tipo di espansore utilizzato (Haas o Hyrax).
  • L’unico parametro che è risultato associato in maniera significativa all’esfoliazione dei decidui è stata la posizione della cuspide del premolare in formazione rispetto alla linea HPC. In particolare, se la posizione iniziale della cuspide è apicale rispetto alla HPC line, la probabilità di non perdere il dente di ancoraggio durante il trattamento sarà del 94.1%. Quando, invece, la cuspide tocca o oltrepassa tale linea, la probabilità di perdere il dente di ancoraggio sarà del 43.1%.
  • Gli Autori concludono che: quando la cuspide del premolare è apicale rispetto alla HPC line, il deciduo corrispondente potrebbe essere usato come ancoraggio durante i successivi 16 mesi, con buona probabilità che non venga perso (94.1%). Al contrario, quando il premolare tocca o oltrepassa la HPC line, il tasso di sopravvivenza è di 13 mesi circa.