Continuiamo a parlare delle scelte cliniche riguardanti la Primary Failure of Eruption. E lo facciamo con questo articolo suggerito, ancora una volta, dalla Dott.ssa Francesca Bragastini.
Buona lettura!
The etiology of eruption disorders – Further evidence of a “Genetic Paradigm”
S. A. Frazier-Bowers, C. P. Puranik e M. C. Mahaney
Semin Orthod 2010; 16:180-185
QUESITO
Con questo articolo, gli Autori intendono approfondire le basi genetiche dei disturbi eruttivi e le conseguenze cliniche di una appropriata diagnosi.
IL LAVORO
L’eruzione dentale non è soltanto un movimento che un dente compie dalla sua posizione non funzionale verso il suo posto nell’occlusione. Ma è il risultato di un complesso e delicato ingranaggio, in cui geni, proteine, recettori, cellule e moltissimi altri elementi comunicano tra loro. Questo processo, dunque, coinvolge molte vie di segnalazione tra il follicolo dentale e l’osso alveolare circostante (Wise and King, 2008). Una minima alterazione in questa articolata via, sia essa facente parte di un quadro sindromico oppure di un fenomeno isolato, può condurre a quadri clinici differenti, dal ritardo di eruzione alla mancata comparsa del dente in arcata.
A complicare le cose all’ortodontista – che necessita di una corretta diagnosi del problema per attuare il trattamento più adeguato – intervengono gli ambigui e variegati quadri fenotipici in cui questi disturbi si manifestano e che rendono di fatto molto difficile una diagnosi definitiva.
Sotto questo punto di vista, l’individuazione della mutazione del gene per il PTH1R come responsabile della Primary Failure of Eruption, ha consentito di ampliare la visione sulla etiologia dei disturbi di eruzione. Ciò, infatti, ha permesso di concentrare l’attenzione sulle basi biologiche di tali quadri clinici, semplificandone la genesi in due ampie categorie:
Disturbi di eruzione da alterazioni biologiche, come nel caso della PFE;
Disturbi di eruzione da ostruzioni fisiche, come nel caso delle ostruzioni meccaniche, delle cisti e della pressione laterale della lingua.
Per comprendere al meglio come agisce la mutazione del PTH1R nella manifestazione della PFE, è fondamentale riconoscere il ruolo determinante e “sufficiente” del follicolo dentale nel processo eruttivo. Molti studi, infatti, hanno dimostrato che il processo di eruzione avviene in tutti i casi in cui sia presente il follicolo dentario, anche in assenza delle altre strutture del dente. In particolare, le cellule del reticolo stellato producono PTHrP (peptide relativo all’ormone paratiroideo) che, legandosi al recettore PTH1R presente sulla superficie degli osteoblasti, induce l’espressione di CSF1 (colony-stimulating Factor 1) e RANKL (Receptor Activator of Nuclear factor KappaB ligand). Questi ultimi, a loro volta, attivano gli osteoclasti, mediante legame a recettori specifici.
Contemporaneamente, a livello dell’apice del follicolo, l’espressione di BMP2 (Bone Morphogenetic Protein 2) promuove l’osteogenesi.
Sulla base di quanto appena affermato, si può concludere che la mutazione del PTH1R altera il delicato equilibrio alla base del processo eruttivo, inficiando il rimodellamento osseo. Andando più nello specifico, la mutazione va ad alterare la via di attivazione relativa al recettore della vitamina D e al recettore del retinolo X (VDR/RXR), che giocano un ruolo determinante nel processo di rimodellamento. Come conseguenza dell’alterata omeostasi del calcio, è stata osservata una alterazione nel numero, nella qualità e nella funzionalità sia degli osteoclasti sia degli osteoblasti, così come nel volume, nello spessore e nella densità dell’osso trabecolare.
CONCLUSIONI
Gli Autori concludono che la distinzione tra PFE ed altri disturbi di eruzione, come l’anchilosi, è importante al fine di conoscere quale sarà il destino clinico dei denti distali rispetto al primo molare, comunemente interessato dalla PFE.
Infatti, se si tratta di PFE, i denti affetti non risponderanno al trattamento ortodontico. Se, al contrario, si tratta di anchilosi, gli altri denti risponderanno normalmente alle forze ortodontiche, dopo l’estrazione del dente anchilosato.
Questa fondamentale distinzione diagnostica, può condurre il clinico a due approcci terapeutici:
- Se i segni clinici (già visti nel precedente post) e l’eventuale conferma genetica permettono di effettuare diagnosi di PFE, evitare un trattamento ortodontico a carico dei denti coinvolti scongiurerà non solo possibili complicanze iatrogene, ma anche un inutile sforzo da parte del clinico e del paziente;
- Se il processo eruttivo del primo molare è alterato e non è possibile prevedere il destino del secondo molare, l’estrazione del primo darà modo al secondo molare di migrare mesialmente se è sano, oppure di non causare danni se è anch’esso coinvolto dalla patologia.